09/09/2025
Con la pubblicazione dei loro aggiornamenti regionali, Sicilia e Toscana provano a correggere le storture introdotte dal legislatore nazionale e confluite malamente nella Modulistica Edilizia, ormai adottata ufficialmente ovunque.
In entrambe le regioni viene finalmente chiarito che la regolarizzazione mediante presentazione a posteriori del contenuto di un "deposito sismico" da assoggettare al controllo di merito (secondo il noto comma 3-bis dell'art. 34-bis del D.P.R. 380) non è necessaria se i comuni non erano classificati in zona sismica al momento della realizzazione degli interventi difformi.
Ora non resta che sperare che anche le altre regioni, in particolare la Lombardia, seguano la stessa strada.
La disciplina in materia di regolarizzazione degli interventi edilizi difformi, così come delineata dal legislatore nazionale con il Decreto Salva-casa, trova fondamento nel D.P.R. n. 380/2001. In sintesi, al di fuori degli abusi edilizi più gravi, per i quali resta applicabile la procedura di accertamento di conformità ex art. 36, il legislatore ha introdotto – mediante gli artt. 34-bis e 36-bis – un meccanismo di regolarizzazione volto a sistemare le difformità minori, purché sia dimostrato il rispetto delle norme tecniche vigenti al tempo della realizzazione degli interventi.
In presenza di interventi eseguiti su immobili ubicati in comuni oggi classificati in zona sismica 1 o 2, la normativa nazionale ha imposto al cittadino l’onere di produrre, ai fini della regolarizzazione, una documentazione progettuale analoga a quella richiesta per il deposito sismico ex art. 93 del D.P.R. 380, da assoggettare al controllo di merito a campione, oppure in alcuni casi all'autorizzazione postuma.
La criticità sorge dal tenore letterale del comma 3-bis degli artt. 34-bis e 36-bis del D.P.R. 380, laddove il legislatore, pur richiedendo la verifica delle sole norme tecniche vigenti al momento della realizzazione delle difformità, ha ancorato l’attivazione della procedura di regolarizzazione alla classificazione sismica comunale attuale!
Questa impostazione determina un evidente paradosso: nei comuni che al tempo della realizzazione degli interventi non erano ancora classificati in zona sismica, il legislatore nazionale esige oggi la produzione di un deposito sismico a posteriori per interventi che, in origine, non erano soggetti ad alcuna disciplina antisismica. In altre parole, la disposizione statale impone un adempimento tecnico-procedurale di presentazione, e sopprattutto di controllo sismico di merito, che si rivela privo di fondamento e, in ultima analisi, irragionevole.
La recente approvazione della Modulistica Edilizia unificata (Conferenza Unificata Stato-Regioni del 27 marzo 2025) ha purtroppo confermato tale impostazione: per le pratiche edilizie di sanatoria ex art. 36-bis ("parziali difformità" e "variazioni essenziali") e per l’attestazione dello stato legittimo con le tolleranze di cui all'art. 34-bis, il cittadino deve attivare una procedura di regolarizzazione sismica anche qualora, all’epoca della realizzazione delle opere, il comune non fosse classificato in zona sismica.
Nella logica espressa dal legislatore nel Salva-casa con la richiesta del rispetto delle norme vigenti al tempo della realizzazione, egli avrebbe dovuto escludere dalla procedura gli interventi eseguiti quando il comune non era classificato sismico, oppure (ancora meglio, come è avvenuto in Umbria) escludere l'attivazione della procedura se la classificazione sismica 1 e 2 (alta e media sismicità, secondo il noto comma 3-bis), oppure in categoria I e II secondo il vecchio sistema di zonizzazione, non fosse già vigente nel comune al tempo della realizzazione degli interventi edilizi difformi.
Fortunatamente, alcune Regioni hanno deciso di intervenire per rimediare a questa evidente stortura normativa.
Sicilia e Toscana, attraverso i rispettivi aggiornamenti regolamentari, hanno chiarito che la regolarizzazione mediante deposito sismico postumo da assoggettare a controllo non è dovuta nei casi in cui, al momento della realizzazione delle opere difformi, il territorio comunale non fosse ancora soggetto a classificazione sismica.
L'Umbria è intervenuta in modo ancora più logico, prevedendo che la classificazione del territorio comunale (zone 1 e 2) debba essere valutata con riferimento al momento di esecuzione degli interventi edilizi difformi: si rimanda all'articolo su questo portale: MODULISTICA SALVA-CASA: LA CONFERMA CHE LE NUOVE REGOLE SISMICHE SONO SCRITTE MALE ARRIVA (ANCHE) DALL'UMBRIA E DAL VENETO
Queste precisazioni, di carattere interpretativo e correttivo, consentono finalmente di ricondurre la disciplina ad una logica coerente: secondo i principi previsti dal legislatore nel Salva-casa, la verifica della conformità edilizia e strutturale deve avvenire in relazione al quadro normativo e tecnico vigente all’epoca della realizzazione degli interventi, e non in base a parametri sopravvenuti.
Art. 6
"Non rientrano fra le procedure di competenza dei servizi provinciali dell'Ufficio regionale del Genio Civile gli adempimenti relativi agli interventi edilizi eseguiti prima della classificazione sismica del territorio".
[N.d.r.: Risulta evidente quindi che l'attivazione della procedura di regolarizzazione sismica con la presentazione e il controllo sismico di merito è legata alla sismicità del comune al tempo degli abusi, e non a quella odierna].
Art. 182 bis
"Accertamento di conformità in sanatoria per altri interventi realizzati nelle zone sismiche e nelle zone a bassa sismicità"
"1. Ai fini dell’accertamento di conformità di cui all’articolo 209 bis, per le opere realizzate o in corso di realizzazione nei comuni già classificati sismici in assenza dell’autorizzazione o dell’attestato di avvenuto deposito oppure in difformità da essi [...]".
[N.d.r.: Risulta quindi evidente che l'attivazione della procedura di regolarizzazione sismica è legata alla sismicità del comune al tempo degli abusi, e non a quella odierna].
Art. 182 ter
"Adempimenti in materia sismica per le tolleranze di costruzione"
"4. Per le opere realizzate nei comuni anteriormente alla classificazione sismica degli stessi e per i comuni ubicati in zone a bassa sismicità, l’interessato trasmette al comune il certificato di idoneità statica rilasciato dal professionista abilitato [...]".
[N.d.r.: Risulta evidente che l'attivazione della procedura di regolarizzazione sismica per le tolleranze è esclusa per i comuni non classificati sismici al tempo della realizzazione delle difformità].
Ad oggi, soltanto i cittadini residenti in Sicilia, Toscana e Umbria possono beneficiare di questa interpretazione più ragionevole ed evitare la gravosa – quanto inutile e illogica – procedura di regolarizzazione sismica per interventi non antisismici.
Tale situazione, tuttavia, rischia di creare un quadro normativo disomogeneo a livello nazionale, in cui la certezza del diritto dipende dall’appartenenza territoriale e dall’iniziativa correttiva delle singole Regioni.
Le vicende mettono in luce, ancora una volta, le criticità derivanti da una formulazione legislativa errata e lacunosa, che pur nella logica di garantire il rispetto delle sole norme del passato, ha trascurato pradossalmente di considerare la classificazione sismica dei comuni al momento della realizzazione delle opere.
Se da un lato l’intervento di alcune Regioni rappresenta un segnale positivo di attenzione alla razionalità giuridica (e al cittadino...), dall’altro resta presente un dispositivo nazionale contraddittorio e che non garantisce uniformità applicativa. E in effetti le criticità non risolte sono ancora molte (Le avevamo riassunte in coda a questo articolo: https://www.sismicainlombardia.it/approfondimenti/il-salva-casa-per-gli-strutturisti-la-sanatoria-sismica-%C3%A8-legge).