ESAME DELLA LEGGE REGIONALE E PROPOSTE MIGLIORATIVE


La procedura telematica col sistema MUTA

Il sistema informativo integrato costituito dalla piattaforma telematica regionale (MUTA) pre­senta ad oggi numerosi problemi, sia di tipo informatico, sia nei contenuti non aderenti alle pre­visioni della LR 33/2015 e della DGR 5001/2016. Si tratta di una situazione che sta generan­do dispendio di energia da parte di tutti gli operatori. La cosa più importante da fare è quella di far prendere atto ai gestori del sistema che la piattaforma presenta “problemi”. Nessuna pro­roga può risolvere i problemi del sistema. Viceversa, molti sportelli unici non sono in grado di mettere a punto un sistema efficiente per svolgere i controlli di completezza, regolarità e coerenza; sia per l’inadeguatezza delle piatta­forme telematiche comunali nelle quali si ritrovano vincolati, sia per la mancanza di personale atta alla ricezione del cartaceo per i piccoli comuni, sia per l’incapacità di comprendere la logi­ca della attestazione di deposito prevista dalla norma regionale. L’insieme dei diversi modi di risolvere i problemi a cura di ogni singolo comune sorprende ogni volta il cittadino e i suoi tec­nici, creando ritardi e dispendio di energia.

  • Proposte migliorative Si rimanda a specifico documento con la raccolta delle osservazioni e delle proposte per ri­solvere i problemi del Sistema Informativo Integrato (MUTA) e dei contenuti non aderenti alle previsioni della LR 33/2015 e della DGR 5001/2016.


L’attestazione di avvenuto deposito

L’art. 7 della LR 33/2015 prevede che all’atto del deposito della documentazione, lo sportello unico rilasci al depositante l’attestazione di avvenuto deposito. Con la modalità di presentazio­ne cartacea, tale passaggio può avvenire correttamente, grazie al fatto che il controlli di “com­pletezza”, “coerenza” e “regolarità” avvengono direttamente allo sportello. Nel caso di presen­tazione telematica, tale controllo è svolto automaticamente dal sistema, secondo le previsio­ni della DGR 5001/2016, allegato C, ultimo capoverso. Tuttavia, la procedura telematica pre­vista dal sistema MUTA non sembra in linea con quanto sopra indicato, perché richiede alme­no due passaggi per arrivare all’attestazione vera e propria (passaggi che corrispondono al cambiamento di stato della pratica lato ente da “consegnata” a “ricevuta” e da “ricevuta” a “in istruttoria”).

  • Proposte migliorative Nel rispetto di quanto previsto all’art. 7 della LR 33/2015 dovrebbe essere fatto il possibile per garantire che all’atto del deposito telematico (MUTA) a cura del cittadino, a seguito del con­trollo formale contestuale già previsto nell’allegato C della DGR 5001/2016, ultimo capoverso, ne sia attestato immediatamente in forma automatica (“dal sistema”) l’avvenuto deposito. In via subordinata, si chiede che l’attestazione di avvenuto deposito sia rilasciata (“dal siste­ma”) quantomeno dopo che l’ufficio tecnico abbia cambiato lo stato della pratica (lato ente) da “consegnata” a “ricevuta”, senza alcun tipo di controllo aggiuntivo rispetto a quello già previsto dalla legge (DGR 5001, allegato C). L’auspicio più grande è che sia possibile praticare la prima soluzione, sia per motivi legati al rispetto delle regole normative, alla logica (giuridica) del deposito di cui all’art. 93 del DPR 380/2001, e allo snellimento delle procedure, ma anche per garantire che l’informatizzazione della procedura sia effettivamente una valida alternativa rispetto alla modalità di presentazio­ne cartacea. Qualora il sistema informativo integrato non sia in grado di svolgere correttamen­te il controllo formale, si chiede di perfezionarlo a tale scopo.


Il collaudo statico

Ad oggi, la legge regionale prevede l’obbligo di collaudo per tutti gli interventi (art. 9, LR 33/2015), in virtù del fatto che tale certificato tiene luogo al certificato di rispondenza di cui all’art. 62 del DPR 380/2001.

  • Proposte migliorative La legge regionale dovrebbe adeguarsi alle modifiche del DPR 380/2001, art. 67, rendendo il collaudo non più obbligatorio per le opere riguardanti “interventi locali e di riparazione”, per i quali il certificato di collaudo è stato sostituito dalla dichiarazione di regolare esecuzione a cura del direttore dei lavori. Il “problema” del certificato di rispondenza è già risolto a livello nazionale (come da suddetta modifica all’art. 67).


Il “contenitore” della pratica strutturale

Ad oggi, il sistema che disciplina le pratiche sismiche risponde soltanto agli obblighi previsti per le “costruzioni in zona sismica”, secondo gli artt. 93 e seguenti del DPR 380/2001, trala­sciando la gestione delle pratiche valide ai sensi dell’art. 65 DPR 380/2001, pur consentendo la facoltà di rendere valida la pratica anche a tale fine.

  • Proposte migliorative Il sistema di gestione dovrebbe fungere da contenitore per l’intera pratica strutturale, nel caso in cui il cittadino intendesse avvalersi della facoltà di rendere valida la pratica ai sensi dell’art. 65 DPR 380/2001, per le opere in c.a. e metalliche. Dovrebbe essere possibile “integrare” la pratica mediante il deposito della dichiarazione di fine lavori, della eventuale relazione a strutture ultimate (nel caso di opere in cemento armato) e del certificato di collaudo.


La modulistica

La modulistica prevista dalla DGR 5001/2016 non prevede tutte le dichiarazioni da “a” ad “h” previste nell’allegato E. La modulistica non prevede inoltre la documentazione per la nomina e l’accettazione dell’incarico di collaudo, nonché quella per la presentazione della fine lavori (il modulo 13 si riferisce alle costruzioni in corso nei comuni con cambio di classificazione). Anche altri aspetti relativi alla modulistica potrebbero essere migliorati (vedi di seguito).

  • Proposte migliorative Aggiungere i moduli con le dichiarazioni mancanti da “a” ad “h”. Condensare le dichiarazioni multiple di una stessa figura all’interno di un singolo modulo. Fare in modo che i moduli numerati corrispondano in modo biunivoco alle dichiarazioni da “a” ad “h”, così come condensate. Possibilmente, non rendere necessaria la dichiarazione di cui al punto “b” (la redazione del progetto sulla base dei risultati degli studi geologici, geotecnici e sismici), in quanto tale as­sunto è ricompreso nella dichiarazione di cui al punto “a” (la conformità degli elaborati alla normativa vigente): le norme tecniche prescrivono infatti che la redazione dei progetti avvenga sulla base degli studi geologici (6.1.1) e geotecnici (6.2.2) e sismici (7.11). Aggiungere nell’elenco delle dichiarazioni e nei moduli la nomina del collaudatore a cura del committente e l’accettazione dell’incarico. Aggiungere il modulo per la dichiarazione di fine lavori. Specificare che la dichiarazione per cui i lavori non sono iniziati, asseverata dal direttore dei lavori delle strutture, debba essere sottoscritta dal titolare del deposito o dell’istanza. Tale dichiarazione dovrebbe avere data circostanziata. Specificare che la dichiarazione di conformità dello stato dei luoghi deve essere sottoscritta dal progettista strutturale. Specificare se la documentazione fotografica deve sempre essere allegata oppure se può essere fatto riferimento a quella già allegata nella pratica edilizia, se può essere omessa nel caso di interventi di nuova esecuzione o sia sempre necessaria, e che debba essere sottoscritta dal progettista delle strutture. Nel modulo 1 dovrebbe essere richiesta la “categoria dell’intervento”, necessaria per i succes­sivi controlli sistematici e a campione di cui all’allegato H: in particolare, dovrà essere indicato se l’opera prevalente oggetto degli interventi ricade in categoria 3.1, 3.2, 3.3, 3.4, 3.5, III, IV, eliminando, viceversa, la richiesta dell’indicazione della volumetria dell’intervento al di sopra o al di sotto dei 5.000 mc. Si osserva che nel modulo 1 vengono richieste informazioni che non sono utili alla procedura sismica, sia perché il modulo 1 non è oggetto di “controllo” successivo all’atto di deposito (l’art. 7 prevede che l’attestazione di avvenuto deposito sia contestuale all’atto stesso, sia con pro­cedura telematica sia con quella cartacea), sia perché informazioni già contenute nella pratica edilizia, o negli altri moduli (e il loro controllo avviene quindi durante l’esame di tali moduli e degli elaborati). Si tratta delle informazioni presenti nelle sezioni 16 (16.3 dati catastali) e nell’intera sezione 18. Se tali informazioni sono raccolte per sole finalità statistiche, si chiede possibilmente di evitarne la raccolta. Fare in modo che nel modulo 6 il progettista delle strutture dichiari la congruità al progetto architettonico univocamente individuato dalla pratica edilizia, senza necessità di individuare i dati catastali, non di sua pertinenza in questa sede. Togliere dai moduli 6 e 7 le parole “ciascuno per la sua parte di competenza”, refuso forse provocato da moduli inizialmente unificati in un solo documento.


Le opere minori

La legge regionale non prevede distinzione nella procedura per la presentazione di opere di modesto rilievo a fini sismici.

  • Proposte migliorative In relazione al testo “opere minori e opere speciali” valutare la possibilità di introdurre una modulistica molto semplificata per consentire ai comuni una procedura di deposito più sem­plice (art. 93) e di autorizzazione sismica speditiva (art. 94), per favorire le procedure nei casi di opere di modesto rilievo a fini sismici. In particolare, ridurre la quantità di moduli e di dati, attraverso la possibilità di collegare le informazioni principali a quelle contenute nella pratica edilizia ed eliminando le informazioni non utili a fini sismici; togliere in ogni caso i moduli 9, 10, 12. Se possibile, prevedere di concentrare in un unico modulo le informazioni e lasciare libertà per tali interventi di presentazione del progetto (grafici e relazioni) in uno o più elaborati. Stabilire un elenco di opere minori che possano beneficiare di tale procedura semplificata (comunque “autorizzativa” in zona 2), secondo quanto indicato nel documento “opere minori e opere speciali”, con riferimento alla fattispecie ivi definita delle “opere di modesta entità”, corrispondenti a quelle che presentano un rischio molto ridotto. Definire, attraverso descrizione generale (come nel documento “opere minori e opere spe­ciali”) gli “interventi riguardanti esclusivamente elementi non strutturali” (per edifici nuovi ed esistenti), e includerli nella procedura semplificata suddetta. Stabilire (nell’allegato H) che per le opere minori che rientrano nella procedura semplificata come sopra indicato, il controllo a campione sull’esecuzione non deve aver luogo (a tali interventi non venga attribuita la categoria per il controllo a campione). Considerare che, per le “opere di modesta entità” che rientrano nella procedura semplifi­cata, in funzione della modesto rilievo degli interventi in relazione al comportamento nel caso sismico, ai fini della caratterizzazione geotecnica del sottosuolo il progettista si pos­sa avvalere di quanto previsto nel paragrafo 6.2.2 delle NTC 2018; conseguentemente, non si dovrebbe ritenere necessaria automaticamente la redazione di un nuovo e specifico “modello geologico” a fini sismici, per il fatto che secondo il paragrafo 6.2.1 NTC 2018, il modello geologico dovrebbe costituire “utile riferimento” per quello geotecnico e perché in ogni caso, il progetto dovrebbe illustrare la compatibilità dell’intervento con gli strumenti di pianificazione (con riferimento al comportamento strutturale nel caso sismico), nonché la rappresentazione di indagini e prove preesistenti. In tal senso, in conclusione, si ritiene che la “obbligatorietà” di presentare la specifica relazione geologica, nel caso delle opere rientranti nella procedura semplificata non dovrebbe “scattare” in modo automatico per deci­sione della legge regionale, ma valutata di volta in volta a cura del progettista dell’intervento (e di chi controlla la progettazione secondo gli allegati F ed H della DGR 5001), in funzione degli scenari indicati nello strumento di pianificazione territoriale comunale, nonché (appun­to) non includere necessariamente gli aspetti diretti a supportare il modello geotecnico, ma soltanto quelli di fattibilità geologica. Definire, attraverso descrizione generale (come nel documento “opere minori e opere specia­li”) quelle opere che restano escluse dal deposito sismico ai sensi dell’art. 93, secondo il detta­to nazionale, con riferimento alle fattispecie: 1) opere che non possono comunque interessare la pubblica incolumità nel caso di evento sismico; 2) opere provvisionali; 3) costruzioni tem­poranee; 4) alcuni interventi relativi alle strutture di stoccaggio ed immagazzinamento (scaffa­lature minori, indicate al punto 3 del relativo documento). Inserire tali definizioni e procedure all’interno dell’allegato F. Considerare infine la possibilità che anche alcuni interventi non significativi sulle costruzioni esistenti siano esplicitamente esclusi dall’obbligo di deposito sismico di cui all’art. 93, perché pur ricadendo letteralmente nella definizione di “riparazioni”, potrebbero essere realmente in­significanti dal punto di vista della dimensione geometrica (ad esempio, sostituzione di alcuni elementi dell’orditura secondaria, piccole aperture o chiusure nei solai, riparazione di lesioni, operazioni localizzate di scuci-cuci, chiusura di aperture o nicchie nei muri, ecc.) e produrreb­bero quindi variazioni che non incidono in alcun modo sulla pubblica incolumità nel caso di evento sismico.


Le richieste di integrazioni

La legge regionale 1/2012, richiamata nell’allegato F, prevede soltanto 10 giorni per la conse­gna di eventuale documentazione integrativa. Nei casi di particolare complessità, il periodo di 10 giorni non è sufficiente alla predisposizione della documentazione. Inoltre, si nota che il sistema non consente la ricezione della documentazione integrativa se non al termine dei giorni previsti.

  • Proposte migliorative Prevedere una deroga al periodo di 10 giorni stabilito nella legge regionale 1/2012, per casi di particolare complessità, stabilendo un termine ad es. di 30 giorni. Dovrebbe inoltre essere previsto che a seguito dell’integrazione a cura del delegato sismico, sia possibile immediata­mente procedere alla loro ricezione, da parte del SUE, senza attendere il termine massimo stabilito inizialmente.


La congruenza con il progetto architettonico della pratica edilizia

La legge regionale prevede che il progetto strutturale sia congruente con quello architettonico allegato alla pratica edilizia. In determinati casi, si può verificare che il cittadino intenda procedere all’esecuzione parziale delle opere previste unitariamente nella pratica edilizia, presentando il deposito sismico in fa­si diverse (es. prima il progetto strutturale dell’abitazione, e solo successivamente quello del­la recinzione o della autorimessa). Può anche accadere che il cittadino intenda procedere depositando un progetto sismico “uni­tario” (in quanto “unitario” dal punto di vista del comportamento strutturale), presentando ri­chiesta di titolo edilizio in tempi diversi (es. palazzina gemella, strutturalmente unitaria, ma da eseguirsi in tempi diversi, con separate pratiche edilizie). Al momento, sembrerebbe che i con­trolli di coerenza della modulistica (modulo 6) non consentano tali due opzioni.

  • Proposte migliorative Si chiede di chiarire se si ritiene possibile procedere a deposito sismico per opere strutturali “parziali” rispetto a quelle previste nell’intera pratica edilizia, e se tale ipotesi è già attualmen­te praticabile o se richiede una modifica alla modulistica (modulo 6). E allo stesso modo, si chiede di chiarire se si ritiene possibile procedere a deposito sismico con opere strutturali “in aggiunta” rispetto a quelle previste nella pratica edilizia, e se tale ipotesi è già attualmente praticabile o se richiede una modifica alla modulistica (modulo 6). Chiarire se la congruità del progetto strutturale deve essere riferita necessariamente alla prati­ca edilizia del titolo abilitativo, come sembra leggersi nella attuale regolamentazione, o se può eventualmente riferirsi ad esempio alla pratica presentata a fini paesaggistici, al fine di favorire le tempistiche dell’iter edilizio.


Parere tecnico regionale: la richiesta di “titolo abilitativo”

La legge regionale per le costruzioni in zona sismica (LR 33/2015) prevede che (art. 8, comma 5) nei casi di opere pubbliche realizzate dai comuni, sia necessario il “parere tecnico regiona­le”. Il regolamento regionale (DGR 5001/2016, Allegato G) descrive la procedura da attuare. Nella situazione attuale i seguenti passaggi non funzionano e rendono la procedura più com­plicata rispetto alle previsioni di legge. L’ufficio regionale chiede formalmente che sia obbligatoriamente indicato “il titolo abilitativo o la relativa delibera di approvazione del progetto” (definitivo o esecutivo). Tale richiesta non può essere esaudita nei casi in cui il livello di progettazione oggetto di inca­rico sia quello “definito/esecutivo”, perché l’approvazione del progetto esecutivo può avvenire soltanto a seguito di validazione e a seguito appunto del parere tecnico favorevole di tutti gli enti interessati; fra i quali enti si colloca anche l’organo regionale per la sismica. L’indicazione della “Validazione del progetto e Provvedimento di approvazione del Progetto Definitivo e/o Esecutivo (nel caso di OO.PP.)”, presente sul Modulo 1 nella sezione 21.3 (“ul­teriori allegati”) è fuorviante. La richiesta, peraltro, appare al di fuori delle prerogative regionali, secondo quanto precisato più oltre in questo documento, perché si sovrappone alle funzioni riservate per legge all’auto­rità competente comunale.

  • Proposte migliorative Fare in modo che la richiesta non sia formulata. Modificare il modulo 1.


Parere tecnico regionale: la richiesta del “documento di verifica formale”

L’ufficio regionale, alla ricezione della richiesta di parere tecnico, richiede che sia disponibi­le il documento di “verifica con esito positivo della completezza, coerenza e regolarità forma­le della documentazione”. La presenza di tale documento non è prevista nell’allegato G della DGR 5001/2016. Il comu­ne è tenuto a svolgere autonomamente le verifiche di completezza, coerenza e regolarità for­male, senza rendere conto di ciò in uno specifico documento. La DGR 5001/2016, infatti, pre­vede che “la richiesta di parere è corredata dei seguenti documenti: -istanza pervenuta ai sensi dell’art. 8, comma 2, della LR 33/2015; -documentazione progettuale, a corredo dell’istanza, di cui al documento sopra citato; -nota in cui il comune evidenzia i profili di attenzione su cui richiede il parere”. Il documento citato non è quindi previsto.

  • Proposte migliorative Fare in modo che la richiesta non sia formulata.


Parere tecnico regionale: la richiesta del “profilo di attenzione”

L’ufficio regionale richiede, come da allegato G, che sia specificato “il profilo di attenzione” su cui viene richiesto il parere tecnico regionale. Nei casi di parere tecnico regionale obbligatorio (art. 8, comma 5) tale richiesta non è sensa­ta, per il fatto che la previsione del parete tecnico regionale sulle opere realizzate dai comuni è obbligatoria, proveniendo da comune in zona 2.

  • Proposte migliorative Fare in modo che la richiesta non sia formulata. Sia cioè prevista una apposita procedura che non necessiti di specificare il profilo di attenzione su cui viene chiesto il parere tecnico.


Parere tecnico regionale: il “controllo formale” svolto dall’ufficio regionale

L’ufficio regionale, alla richiesta di parere tecnico, svolge sempre il controllo sulle operazioni di verifica della completezza, coerenza e regolarità effettuate dai comuni, fino a chiedere inte­grazioni relative a tali aspetti formali. Tali richieste e tali controlli non sono previsti dalla legge regionale e dal suo regolamento. La legge 33/2015 e il regolamento (allegato G) prevedono che la regione esprima un “parere tec­nico”, che deve essere riferito, pertanto, ai soli contenuti “tecnici” del progetto (ad es. azioni sismiche, verifiche strutturali, ecc., in relazione alla conformità alle norme tecniche per le co­struzioni del progetto strutturale con riferimento al progetto architettonico allegato all’istanza).

  • Proposte migliorative Fare in modo che tale controllo non sia svolto.


Parere tecnico regionale: l’esame dei contenuti tecnici

La commissione tecnica regionale svolge il controllo sui contenuti dei progetti. Ad oggi, si so­no manifestati alcuni aspetti che hanno rivelato inefficienze della procedura. Il primo aspetto è relativo al fatto che il soggetto tenuto a chiedere il parere tecnico è rappresen­tato dall’autorità competente comunale; questo “filtro” rende non gestibile l’eventuale confron­to tecnico fra chi esamina i contenuti tecnici e i progettisti coinvolti, nella necessità di ottenere “sempre” un esito favorevole (ancorché a seguito delle richieste di chiarimenti o integrazioni): il progetto non dovrebbe essere “bocciato”, proprio per le evidenti finalità di carattere pubblico, ma deve essere “corretto” nelle parti in cui non è conforme alle norme tecniche vigenti. In sostanza, nella richiesta “tecnica” dovrebbe essere coinvolto il “tecnico” appunto, in grado di sostenere la bontà delle sue scelte, oppure di modificarle. Il secondo aspetto è quello di merito: in assenza di linee di indirizzo condivise con gli ordini professionali, si è più volte manifestato il caso in cui l’esame tecnico da parte dei membri del­la commissione (e così come accade quotidianamente in ogni comune) non abbia funzionato nello spirito dei controlli previsti dalla DGR 5001/2016. In particolare, il compito di chi esamina il progetto non deve essere quello di intervenire nelle scelte progettuali, né quello di definire ri­medi alternativi a eventuali supposte anomalie; lo scopo di chi esamina l’altrui progettazione deve rimanere quello, stabilito nell’allegato F, di evitare che negli elaborati progettuali riman­gano presenti (a valle dell’esame) calcolazioni o disegni non conformi a quanto previsto dalle norme tecniche vigenti, con riferimento agli aspetti progettuali principali e ai collegamenti più importanti, con riguardo al comportamento delle opere nel caso di evento sismico. Si rimanda peraltro agli esempi riportati relativamente alle richieste da non formulare.

  • Proposte migliorative Fare in modo che il “parere tecnico regionale” sia richiesto alla regione direttamente dal tito­lare dell’istanza sismica, anche con il tramite di un suo delegato sismico (che sarà scelto dal RUP nella figura del progettista delle strutture), oppure, in subordine, che sia sostituito in que­sti casi da una “autorizzazione sismica regionale”, al fine di evitare il funzionamento a “filtro” dell’autorità competente comunale. Rivedere inoltre il funzionamento della commissione tecnica regionale (così come il funzio­namento delle operazioni di controllo tecnico nei comuni), stabilendo o acquisendo precise linee di indirizzo, condivise con gli ordini professionali, relative alle modalità di controllo e finalizzate all’individuazione delle non conformità (da indicare puntualmente nelle richieste di integrazioni) e non alla valutazione della qualità e della logica progettuale, per le quali i pro­fessionisti incaricati restano gli unici responsabili. Sia stabilito esplicitamente nelle linee di indirizzo che in ogni caso il parere tecnico regionale non sia quello di intervenire nelle scelte progettuali, né quello di definire rimedi alternativi a eventuali supposte anomalie; lo scopo di chi esamina l’altrui progettazione deve rimanere quello, stabilito nell’allegato F, di evitare che negli elaborati progettuali rimangano presenti (a valle dell’esame) calcolazioni o disegni non conformi a quanto previsto dalle norme tecniche vigenti, con riferimento agli aspetti progettuali principali e ai collegamenti più importanti, con riguardo al comportamento delle opere nel caso di evento sismico, e che tali non conformità siano indicate con esplicito riferimento ai paragrafi delle norme tecniche o alle norme generali che disciplinano la materia sismica. Sia ribadito quindi nelle linee di indirizzo che lo scopo dell’esame tecnico regionale in tal senso deve essere quello di “correggere” i progetti indicando al progettista in modo puntuale quali sono le parti che collidono con le prescrizioni delle norme tecniche vigenti, e non quello di formulare un giudizio negativo (la realizzazione dell’opera pubblica non deve fermarsi). Sia inoltre previsto che i membri delle commissioni di controllo (regionali e comunali) si ren­dano disponibili ogniqualvolta ci siano richieste dirette e precise in tal senso, anche in virtù dell’interesse pubblico a cui sempre si deve far riferimento. Va da sé che i membri delle di­verse commissioni che hanno scelto di esaminare i progetti altrui si rapporteranno con i loro ordini professionali, uniformando il più possibile il loro operato alle indicazioni che dagli ordini dovessero provenire in forma di linee di indirizzo.


La procedura di richiesta del parere tecnico regionale

Nel caso di richiesta di parere tecnico regionale obbligatorio, la procedura telematica (MUTA) appare inutilmente complessa. Sembra che sia necessario predisporre una comunicazione, individuando i destinatari e allegando file con caricamento da disco fisso. Sembra anche che la risposta regionale non segua il canale della piattaforma telematica.

  • Proposte migliorative Fare in modo che la richiesta di parere tecnico regionale avvenga (se vengono mantenute le regole attuali) in modo semplice, attraverso l’uso di un pulsante “richiedi parere” all’interno del­la piattaforma telematica, e che gli allegati da esaminare siano quelli già caricati nel sistema. Se possibile, fare in modo che sia necessario soltanto scrivere il testo della comunicazione e che eventuali documenti da allegare non già presenti nella cartella della pratica, siano tenuti ben distinti. Anche la risposta regionale e tutte le comunicazioni relative alla pratica avvenga­no all’interno della piattaforma.


La dichiarazione relativa alle opere o sistemi geotecnici (modulo 11)

L’attuale formulazione del modulo 11 prevede sia dichiarato “che l’intervento in oggetto non ri­guarda opere ai sensi del punto 6.1.1 delle NTC 2008 e che non ha influenza sulle opere di fondazione della struttura interessata dall’intervento”. In alcuni casi, l’intervento potrebbe ave­re sulle fondazioni un’influenza “non significativa”. Anche le norme tecniche per le costruzioni prevedono che (C8A.5.11 Circ. 617/2009) se gli in­terventi “non provocano sostanziali alterazioni dello schema strutturale del fabbricato” e “non comportano rilevanti modificazioni delle sollecitazioni trasmesse alle fondazioni”, “è possibi­le omettere interventi sulle fondazioni nonché le relative verifiche”; anche le NTC 2018 (8.3) prevedono che nel caso di valutazioni della sicurezza di edifici esistenti, “la verifica del siste­ma di fondazione è obbligatoria solo se sussistono condizioni che possano dare luogo a feno­meni di instabilità globale o se si verifica una delle seguenti condizioni: nella costruzione siano presenti importanti dissesti attribuibili a cedimenti delle fondazioni o dissesti della stessa na­tura si siano prodotti nel passato; siano possibili fenomeni di ribaltamento e/o scorrimento del­la costruzione per effetto di condizioni morfologiche sfavorevoli, di modificazioni apportate al profilo del terreno in prossimità delle fondazioni, delle azioni sismiche di progetto; siano possi­bili fenomeni di liquefazione del terreno di fondazione dovuti alle azioni sismiche di progetto”. E che “allo scopo di verificare la sussistenza delle predette condizioni, si farà riferimento al­la documentazione disponibile e si potrà omettere di svolgere indagini specifiche se sussisto­no elementi di conoscenza sufficienti per effettuare le valutazioni precedenti”. Peraltro, anche nelle “Linee guida per i geologi istruttori delle pratiche sismiche”, a cura dell’ordine dei geolo­gi della Lombardia (Testo approvato con Delibera n. 97 del 13/06/2017 integrato come da De­libera n. 127 del 7/09/2017) si trova scritto: “Relativamente alle opere di fondazione, si assu­me che gli interventi sulla sovrastruttura degli edifici non hanno influenza sulle opere di fonda­zione se l’incremento di carico sulle fondazioni esistenti non eccede il 10% del carico esisten­te prima dell’intervento (cfr. § 8.4.1 c4 NTC)”.

  • Proposte migliorative Aggiungere la parola “significativa” dopo il termine “influenza”, per allineare la regola regionale a quanto previsto nelle norme tecniche per le costruzioni.


La relazione illustrativa e sintetica dell’intervento (modulo 12)

L’attuale formulazione del modulo 12 appare in alcune parti eccessivamente appesantita. Inol­tre, nella DGR 5001/2016 non è presente una chiara definizione di tale modulo e dei suoi sco­pi, al punto che, purtroppo, rischia di essere assimilato ad “elaborato progettuale”, contraria­mente alle iniziali previsioni.

  • Proposte migliorative Chiarire se possibile le finalità del modulo 12, indicando la sua non appartenenza all’insieme degli elaborati progettuali e specificando che tale modulo ha il duplice compito di favorire la progettazione sismica da un lato (perché aiuta il progettista a non trascurare alcuni aspetti importanti della sua progettazione previsti dalle norme tecniche) e favorire i controlli dall’altro (perché riassume i punti salienti della progettazione, appunto). Per tale ragione, le eventuali richieste di integrazioni o chiarimenti relative alla progettazione, devono essere mirate non a chiarimenti o correzioni del modulo 12, ma a chiarimenti o correzioni degli elaborati progettuali. Aggiornare inoltre il modulo 12, come di seguito. Informazioni presenti prima della sezione 1: da eliminare per quanto possibile (le coordinate geografiche si inseriscano nella sezione 7, espresse esclusivamente in datum ED50 e non in WGS84, trattandosi di modulo relativo ad aspetti di calcolo). Punto 2.2: eliminare. Non serve al progettista. Non serve all’esame sismico. Punto 2.3: eliminare. Non serve al progettista. Non serve all’esame sismico. Punto 2.4: eliminare. Non serve al progettista. Non serve all’esame sismico. Punto 3.6: specificare che la compilazione dei valori indicati è obbligatoria nei casi di interventi di miglioramento e di adeguamento. Al punto 4.1 aggiungere: “Profondità di posa delle fondazioni rispetto al piano campagna …………………” e una casella di controllo “La profondità di posa è stata indicata negli elabo­rati grafici strutturali: SÌ/NO”. Punto 4.3: modificare il testo in “Sintesi delle verifiche di capacità portante più significative (Ed<Rd) con indicazione dei valori sollecitanti Ed e delle resistenze Rd”. Punto 4.4: eliminare. Non relativo agli aspetti sismici. Punto 7.4: suggerire la scelta della “tipologia strutturale a fini sismici”, elencando come segue: a) costruzioni di calcestruzzo (NTC 2018 §7.4.3 o §7.4.5.1): ………………… b) costruzioni di acciaio (NTC 2018 §7.5.2): ………………… c) costruzioni composte di acciaio-calcestruzzo (NTC 2018 §7.6.2): ………………… d) costruzioni di legno (NTC 2018 Tab. 7.3.II): ………………… e) costruzioni di muratura (NTC 2018 §7.8.1.3): ………………… f) altro (descrivere): ………………… Punto 8: eliminare. Non serve all’esame sismico, perché chi controlla il progetto ha a disposi­zione le prescrizioni progettuali che devono essere obbligatoriamente presenti negli elaborati grafici, nonché la “relazione sui materiali”. Per quanto riguarda l’obbligo della “relazione illu­strativa sui materiali” prevista dall’art. 65 del DPR 380/2001, si segnala che la “relazione sui materiali” prevista nell’allegato E e nel cap. 10 NTC 2018 assolve a tale obbligo, una volta previsto che tale relazione sia sottoscritta anche dal direttore dei lavori. Nel caso di introduzione della procedura semplificata per il deposito e l’autorizzazione delle opere di modesta entità (vedi proposta) il modulo 12 non dovrebbe essere presentato. In aggiunta, anche nel caso generale, se il progetto contiene oltre all’intervento principale (per il quale viene presentato regolare modulo 12) anche opere di modesta entità (ad esempio una recinzione o una piscina correlate alla nuova abitazione) la presentazione del modulo 12 non dovrebbe essere obbligatoria, proprio perché è più semplice esaminare il progetto dell’opera modesta piuttosto che controllarne la relazione sintetica.


L’accorpamento dei documenti progettuali relativi al calcolo delle strutture

Al momento, la DGR 5001/2016 prevede che siano allegati in separati documenti la relazio­ne di calcolo, il fascicolo dei calcoli, la relazione sui materiali e la relazione sulle fondazioni.

  • Proposte migliorative Osservando che secondo l’art. 93, comma 3 del DPR 380/2001 “il contenuto minimo del pro­getto è determinato dal competente ufficio tecnico della regione”, per tali 4 documenti dovreb­be essere possibile l’accorpamento (fatta salva la necessità di sottoscrizione a cura del diret­tore dei lavori della documentazione a lui pertinente), viste anche le evoluzioni della normativa tecnica e dei codici di calcolo.


Il deposito in sanatoria

Al momento, la DGR 5001/2016 prevede che siano allegati in separati documenti la relazio­ne di calcolo, il fascicolo dei calcoli, la relazione sui materiali e la relazione sulle fondazioni.

  • Proposte migliorative Prevedere e regolamentare la possibilità di presentare le pratiche sismiche “a posteriori”, che settimanalmente interessano gli uffici di tutti i comuni lombardi, con la distinzione fra la pre­sentazione “a posteriori” delle opere strutturali accompagnata ad una “pratica edilizia in sa­natoria”, in presenza di abusi edilizi (necessità di conformità delle opere alle norme tecniche e alla sismicità più recenti); e la presentazione “a posteriori” delle opere strutturali tardiva per regolarizzare la parte strutturale, o per rispondere alla richiesta di certificato di collaudo in occasione del rinnovo dell’agibilità del fabbricato, o semplicemente in ritardo rispetto all’inizio dei lavori, in assenza di abusi edilizi (necessità di conformità delle opere alle norme tecniche e alla sismicità in vigore alla data di realizzazione). Non è possibile pensare che in ciascun comune siano attuate diverse modalità di presentazio­ne delle pratiche sismiche a posteriori.


Le varianti e le integrazioni

La DGR 5001/2016 prevede attualmente nei moduli 1 e 2 la possibilità di presentare varianti “influenti” e “non influenti” sulla struttura. In primo luogo si segnala che, nella versione attuale, l’allegato D non prevede (forse per un re­fuso) che le varianti “non influenti” sulla struttura siano oggetto di deposito obbligatorio (si leg­ge infatti, nell’ultimo capoverso, che “Non costituiscono variante, ai sensi dell’art. 5 della LR 33/2015, quindi non sono soggette agli adempimenti di cui alla LR 33/2015, tutte le modifiche che non rientrano nei casi di cui ai punti sopra descritte). Inoltre, si segnala che all’inizio dell’al­legato D le lettere “a”, “b” e “c” sono state oggetto di refuso di stampa. In secondo luogo, ma sempre relativamente allo stesso tema, si segnala che, dal momen­to che anche una semplice “integrazione documentale” (ad esempio per la consegna di do­cumenti relativi a dettagli costruttivi aggiuntivi o documentazione non inizialmente depositata, ecc.) può comunque ricadere nella definizione di “variante non influente sulle strutture”.

  • Proposte migliorative Prevedere che le varianti “non influenti” sulla struttura siano oggetto di deposito obbligatorio (come già correttamente previsto con la relativa opzione nei moduli 1 e 2) correggendo l’ultimo capoverso dell’allegato D. Prevedere la possibilità di “integrazioni” modificando il testo nei mo­duli 1 e 2 e nell’allegato D, aggiungendo le parole “(o integrazione)” dopo la parola “variante”, in relazione a quelle non influenti sulle strutture.


I controlli a campione sui progetti nelle zone 3 e 4

La DGR 5001/2016 prevede che il controllo a campione sui progetti in zona 3 e 4 sia effettua­to almeno una volta ogni sei mesi, ponendo come base campionata l’insieme delle pratiche depositate nel semestre precedente. L’aspetto più critico della procedura è costituito dal fatto che, pur con un’azione efficiente, molti controlli sul progetto potrebbero concretizzarsi soltanto ad opere già parzialmente eseguite o addirittura terminate. Se, viceversa, l’autorità competen­te comunale scegliesse un periodo più breve, sembrerebbe avere l’onere di controllare molte pratiche in rapporto alle risorse disponibili.

  • Proposte migliorative Dovrebbe essere ipotizzabile svolgere controlli con metodo a campione pur sempre mini­mo semestrali (o in numero maggiore se le risorse lo consentono), ma ponendo a base del campione soltanto le pratiche depositate nel periodo immediatamente anteriore (ad esempio, non più di due mesi) alla data scelta per i sorteggi. La scelta della data del sorteggio deve evidentemente rimanere informazione riservata e nelle disponibilità dell’autorità competente. Chiarire se eventualmente tale modalità di sorteggio è già attualmente compatibile con quanto previsto nell’allegato H, oppure se è necessario intervenire modificando il testo dell’allegato stesso per renderla percorribile. In altre parole, dovrebbe essere possibile scegliere una data all’interno del primo semestre (ad esempio il primo giugno) e stabilire che il campione oggetto di sorteggio è costituito dalle sole pratiche dei mesi di aprile e maggio; analogo metodo per il secondo semestre. La riscrittura del testo dell’allegato potrebbe essere la seguente: “Il sorteggio è effettuato, almeno ogni 6 mesi due volte all’anno, a cura del responsabile dell’ufficio competente all’ef­fettuazione dei controlli ai sensi dell’art. 10 della L. 33/2015. La base campionata è costituita dagli interventi depositati o autorizzati nel semestre precedente in un periodo antecedente alla data del sorteggio, in ogni caso non superiore a sei mesi, stabilito discrezionalmente dall’uffi­cio competente.


La fase più delicata dei processi edilizi

L’esperienza del passato ci insegna che un controllo incentrato sul progetto, quant’anche ge­neralizzato, spinge verso una deresponsabilizzazione dei progettisti e verso una burocratizza­zione delle verifiche, lasciando priva di ogni controllo la fase più delicata dei processi edilizi e cioè quella di effettiva realizzazione delle opere; appare chiara la necessità del coinvolgimen­to dei professionisti nei controlli di conformità degli interventi. È necessario poter attuare for­me di controllo migliori rispetto a quelle dei controlli sulla parte progettuale: tali forme di con­trollo sono già previste dalla legge nazionale, attraverso il collaudatore statico. L’introduzio­ne di una “relazione sintetica del collaudatore” sulla base di un modello regionale (parimenti a quanto è stato fatto con l’introduzione della relazione sintetica di cui al modulo 12) consenti­rebbe di estendere le operazioni di controllo sull’esecuzione previste nell’allegato H della DGR 5001/2016 anche alla fase più importante di verifica: il collaudo statico. Peraltro, ad oggi il controllo sull’esecuzione si esaurisce non necessariamente ad opere terminate.

  • Proposte migliorative Valutare la possibilità di introdurre una “relazione sintetica del collaudatore” sulla base di un modello regionale, ed estendere il controllo sull’esecuzione relativo alla “sostanziale rispon­denza di quanto costruito rispetto al progetto depositato” anche alla completezza e regolarità di tale relazione sintetica, e facendo in modo che, una volta oggetto di sorteggio a campione, il controllo si concluda al termine dei lavori (anziché soltanto al sopralluogo previsto nell’allegato H), grazie proprio alla verifica della relazione sintetica del collaudatore.


L’allegato G

Nell’allegato G sono definiti gli interventi che non rientrano nei casi di richiesta di parere tec­nico regionale. L’elenco degli interventi proposto nell’allegato G ha assunto meno rilievo do­po che con la legge di semplificazione 30/05/2017 ha limitato il ricorso al parere tecnico regio­nale (sia facoltativo che obbligatorio) ai casi di edifici strategici e/o rilevanti. Tuttavia, bisogna segnalare che l’elenco è stato creato con l’intento di stabilire un “tetto superiore” e individua­re quindi opere “al di sotto di una certa importanza”: ad esempio, “portali, strutture di soste­gno per pannelli pubblicitari, segnaletica stradale, insegne, e simili di altezza minore o ugua­le a 5 m e superficie minore o uguale a 5 mq.”. Tuttavia, nel secondo capoverso si legge “… ma comunque soggetti all’autorizzazione sismica”. L’interpretazione letterale indurrebbe per­ciò ad assoggettare all’autorizzazione sismica tutte le opere indicate nell’elenco, e cioè anche i manufatti con misure inferiori a quelle indicate. Nell’esempio, pertanto, appare chiaro il refu­so secondo cui un cartello stradale di qualsiasi altezza da zero a 5 metri dovrebbe essere og­getto di autorizzazione sismica.

  • Proposte migliorative L’inciso nel secondo capoverso “… ma comunque soggetti all’autorizzazione sismica” è fuor­viante se non si aggiungono le parole “se ricadenti nell’ambito di applicazione dell’art. 5 della LR 33/2015”, in modo da rimandare l’obbligo di assoggettamento direttamente all’art. 93, così da evitare l’applicazione obbligatoria della disciplina sismica per tutte le opere nell’elenco, e lasciare implicitamente escluse (come da regola nazionale) le opere che per geometria e mas­sa non possono riguardare la pubblica incolumità nel caso di evento sismico (come un cartello della normale segnaletica stradale). Correggere il refuso presente nell’ultimo punto in elenco, ultima frase: “che incidono sul com­portamento sismico complessivo della struttura”, aggiungendo la parola “non” prima del termi­ne “incidono”. Togliere dall’elenco le cosiddette “costruzioni semplici in muratura”, perché non è possibile escluderne la pericolosità nel caso di evento sismico, se non naturalmente controllandone la conformità del progetto alle norme tecniche. Modificare il punto relativo alle strutture cimiteriali, escludendo quelle costruzioni che, pur essendo opere cimiteriali possono rappresentare un pericolo rilevante per l’incolumità se, ad esempio, si elevano fuori terra per almeno tre metri e/o se ricadono in classe d’uso III (edifici rilevanti) per via del fatto che ospitano al loro interno o nelle aree adiacenti luoghi di culto (vedi elenco in DDUO 19904, punto 2, lett. c).


Chiarimenti relativi al DDUO 19904/2003

Il Dduo 21 novembre 2003 n. 19904 elenca le tipologie di opere ed edifici strategici rilevanti. A seguito dell’introduzione delle nuove procedure sismiche, è importante individuare con preci­sione tali opere, per il fatto che il parere tecnico regionale obbligatorio interessa proprio tali ti­pologie. Ciò premesso, si rileva che, per quanto riguarda la classificazione di “edifici rilevanti” per le conseguenze del loro collasso, secondo la definizione generale (vedi 2.4.2 NTC 2008 e Circolare C2.4.2) ricadono nella in tale tipologia soltanto le costruzioni soggette ad affollamen­to e “con la presenza contemporanea di comunità di dimensioni significative”.

  • Proposte migliorative Si segnala che Il Decreto di Protezione Civile 21 ottobre 2003, per gli edifici di competenza statale, emanato per l’imposizione legislativa stabilita nell’OPCM 3274/2003 (art. 2, commi 3 e 4), classifica quali “edifici rilevanti” quelli “nell’ambito dei quali siano normalmente presenti comunità di dimensioni significative, […] il cui collasso può comportare gravi conseguenze in termini di perdite di vite umane”. Il Dduo 21/11/2003 n. 19904 della Regione Lombardia, per gli edifici di competenza regionale, emanato per la stessa imposizione legislativa stabilita nell’OPCM 3274/2003 (art. 2, commi 3 e 4), esemplifica tali “edifici rilevanti” elencando al punto 2 gli “edifici ed opere infrastrutturali che possono assumere rilevanza in relazione alle conseguenze di un eventuale collasso”. È proprio la Circolare 2 febbraio 2009, n. 617 (espli­cativa alle norme tecniche) che al punto C2.4.2, richiamando il Decreto di Protezione Civile del 21 ottobre 2003, indica per definizioni e per finalità il collegamento diretto fra gli elenchi degli edifici “strategici” e “rilevanti” (di cui ai provvedimenti statale e regionale sopra citati) e l’attribuzione delle classi d’uso previste dalle NTC 2008, costituendo pertanto una definizione nazionale certa per l’attribuzione della classificazione anche a livello regionale. Specificare quindi che le tipologie di opere elencate nel Dduo 21 novembre 2003 n. 19904 al punto 2, ricadono nella classificazione degli edifici rilevanti soltano se sono in grado di ospitare comunità di dimensioni significative (ad es. stabilendo un numero di persone superiore a 100), in coerenza con le definizioni nazionali.


Il progetto architettonico

L’allegato E della DGR 5001/2016 prevede che se il progetto architettonico è già depositato, sarà sufficiente l’indicazione degli estremi di invio della documentazione. Tuttavia, nella proce­dura telematica del sistema informativo integrato (MUTA) sembra che l’allegazione del proget­to architettonico sia sempre obbligatoria.

  • Proposte migliorative Specificare (nell’allegato E) che la possibilità di indicare soltanto gli estremi del progetto archi­tettonico è riservata alla forma di presentazione cartacea, mentre nel caso di presentazione in forma telematica, l’allegazione del progetto architettonico è sempre obbligatoria. Si segnala che l’obbligo di allegazione del progetto architettonico nella trasmissione telematica dovrebbe essere assolutamente mantenuto, sia per importantissime ragioni operative (lato enti di con­trollo), sia per rendere circostanziata la dichiarazione del progettista architettonico (modulo 7) sul progetto allegato.


Eliminazione di barriere architettoniche

Nel modulo 1 viene chiesto se le opere riguardano l’eliminazione di barriere architettoniche (art. 80 DPR 380/2001, che esclude la necessità di autorizzazione sismica); però nella DGR non sembra esserci altra traccia del fatto che l’autorizzazione non è dovuta.

  • Proposte migliorative Per completezza, aggiungere nella DGR un riferimento per ricordare che in zona 2 gli interven­ti finalizzati all’abbattimento di barriere architettoniche secondo l’art. 80 del DPR 380/2001non sono soggetti ad autorizzazione.