04/04/2025
Come noto, il legislatore nazionale ha introdotto nel D.P.R. n. 380/2001 nuove disposizioni in materia di "sanatoria sismica", applicabili sia agli interventi difformi riconducibili nell’ambito delle “tolleranze costruttive” di cui all’art. 34-bis, sia a quelli rientranti nelle “parziali difformità” e nelle “variazioni essenziali”, ai sensi dell’art. 36-bis del medesimo D.P.R. In entrambi i casi, la presentazione dell’istanza di sanatoria deve avvenire secondo le modalità previste dal comma 3-bis dell’articolo 34-bis.
Ebbene, con riferimento all’ambito sismico, soltanto alcune Regioni — in particolare l’Umbria e il Veneto — hanno finora fornito indicazioni operative, utilizzando parole diverse (e quindi nuovi spunti interpretativi) rispetto a quelle adottate dal legislatore statale.
Da un’analisi delle disposizioni regionali emerge che le procedure attualmente previste da entrambe le Regioni risultano non pienamente coerenti con le previsioni del D.P.R. 380/2001, né con le indicazioni più recenti contenute nelle Linee di indirizzo adottate dal Ministero in data 30 gennaio 2025, né con la Modulistica Edilizia, approvata in sede di Conferenza Unificata Stato-Regioni il 27 marzo 2025.
Nel contesto dell’applicazione delle nuove disposizioni in materia di regolarizzazione sismica, i casi delle Regioni Umbria e Veneto rappresentano due approcci distinti – e contraddittori – nell’interpretazione operativa del comma 3-bis degli articoli 34-bis e 36-bis del D.P.R. n. 380/2001, introdotto dalla legge di conversione del cosiddetto Decreto Salva-Casa.
Umbria
Con la Deliberazione della Giunta Regionale n. 1119 del 9 ottobre 2024 (vedi immagine), la Regione Umbria ha stabilito che ai fini dell’attivazione delle nuove procedure di regolarizzazione sismica la classificazione del territorio comunale (zone 1 e 2) debba essere valutata con riferimento al momento di esecuzione degli interventi edilizi difformi.
Veneto
Diversamente, la Regione Veneto, con le Indicazioni tecniche e operative pubblicate in data 28 novembre 2024 (vedi immagine), ha previsto che ai fini dell’attivazione delle nuove procedure di regolarizzazione sismica la classificazione del territorio comunale (zone 1 e 2) debba essere valutata con riferimento al momento della costruzione originaria dell’edificio.
Osservazioni
La soluzione adottata dall’Umbria si presenta come coerente con i principi generali su cui si basa il Decreto Salva-Casa in materia di regolarità edilizia, e appare altresì logicamente fondata, ma risulta in contrasto con il testo del D.P.R. nazionale e con quanto indicato nelle Linee di indirizzo ministeriali del 30 gennaio 2025 e nella nuova Modulistica Edilizia, approvata in sede di Conferenza Unificata Stato-Regioni il 27 marzo 2025. Infatti, secondo tali documenti la procedura di sanatoria sismica dovrebbe essere attivata "letteralmente" nei comuni classificati oggi in zona sismica 1 o 2, indipendentemente dalla classificazione vigente al momento della realizzazione dell’abuso edilizio.
Per contro, l’impostazione adottata dal Veneto appare difficilmente sostenibile dal punto di vista tecnico-normativo. Il riferimento al momento della costruzione dell’edificio quale criterio temporale per valutare l’assoggettabilità dell’intervento alla sanatoria sismica produce effetti distorsivi, ma soprattutto contrari a quanto previsto nel D.P.R. 380 nazionale: si potrebbe infatti omettere la verifica di interventi di ristrutturazione difformi realizzati dopo la classificazione del comune in zona sismica 1 o 2,
Regione Umbria
Linee guida sulle verifiche di accertamento di conformità strutturale delle opere e costruzioni in zona sismica alle norme tecniche sulle costruzioni finalizzate alle sanatorie edilizie ed urbanistiche dopo al legge 24 luglio 2024 n. 105. Approvazione.
DGR n. 1119 del 09/10/2024
(Nel riquadro con la freccia c'è scritto: "Il Comune era sismico al momento dell'abuso?" E nel caso di risposta negativa, senza opere la procedura si conclude giustamente senza adempimenti e controlli di carattere sismico)
Regione Veneto.
Indicazioni tecniche ed operative a seguito del D.L 69/2024
convertito con Legge 105/2024 denominato Decreto Salva casa, relativamente alla materia sismica
(28/11/2024)
(Nelle parti evidenziate in giallo, il documento prevede che l'attivazione della procedura di regolarizzazione sismica dipenda dalla classificazione sismica del comune vigente nel momento della costruzione originaria dell’edificio, diversamente da quanto stabilito nel D.P.R. 380)
Facciamo un passo indietro. Con la conversione in legge del decreto, il legislatore ha previsto che, ad eccezione degli abusi edilizi più gravi riconducibili all’art. 36 del D.P.R. n. 380/2001, per la maggior parte degli interventi difformi è possibile procedere a sanatoria attraverso la verifica del rispetto delle norme tecniche vigenti al momento della realizzazione delle difformità. In tali casi, qualora l’immobile sia ubicato in un comune classificato in zona sismica 1 o 2, deve essere presentata apposita documentazione progettuale degli interventi difformi, corrispondente per contenuti a quanto richiesto per il deposito sismico di cui all’art. 93 del medesimo D.P.R. 380.
Tuttavia, la formulazione normativa presenta un rilevante problema interpretativo nel noto comma 3-bis degli articoli 34-bis e 36-bis. In particolare, il legislatore non ha chiarito se, ai fini dell’attivazione della procedura di regolarizzazione sismica, debba farsi riferimento alla classificazione sismica vigente oggi o a quella esistente al tempo della realizzazione degli interventi edilizi difformi.
Ne avevamo già parlato al punto 3 di questo articolo: IL "SALVA-CASA" PER GLI STRUTTURISTI: LA "SANATORIA SISMICA" È LEGGE.
La disposizione è intrinsecamente contraddittoria, perché da un lato richiede che venga attestato il rispetto delle prescrizioni contenute nella Sezione I del Capo IV della Parte II del D.P.R. n. 380/2001 (articoli 83-92), vale a dire le norme che il D.P.R. stabilisce per le costruzioni in zona sismica (nonché il rispetto delle norme tecniche corrispondenti), e specifica che tale attestazione debba riferirsi al momento dell’esecuzione dell’intervento. Mentre, dall'altro lato, nel comma in questione si stabilisce che la procedura si applichi “alle unità immobiliari ubicate nelle zone sismiche di cui all’art. 83”, senza alcun riferimento temporale alla data dell’intervento edilizio.
Tale omissione genera quindi un’incongruenza logica e giuridica: si impone, da un lato, il rispetto delle prescrizioni delle norme antisismiche vigenti all’epoca della realizzazione dell’intervento difforme; dall’altro, si fa riferimento alla classificazione sismica attuale del territorio per determinare l’applicabilità della procedura.
Questa incongruenza è stata purtroppo confermata anche dalle Linee di indirizzo ministeriali del 30 gennaio 2025 e dalla Modulistica Edilizia approvata in sede di Conferenza Unificata Governo-Regioni il 27 marzo 2025.
Si tratta, evidentemente, di una criticità interpretativa rilevante. Infatti, qualora gli interventi difformi siano stati realizzati in un momento in cui il comune non era ancora classificato come sismico, risulta illogico – e giuridicamente inconcepibile – imporre l'attivazione di una procedura di regolarizzazione sismica che comporta la necessità da parte del professionista di attestare il rispetto di norme antisismiche che non erano in vigore, e da parte dell'organo di controllo di rilasciare un’autorizzazione postuma (per gli interventi difformi "rilevanti") o di effettuare controlli a campione di tipo sismico (per gli interventi di "minore rilevanza" e "privi di rilevanza") sulla documentazione presentata, laddove al tempo della realizzazione degli interventi non esisteva alcun obbligo di conformità alla normativa antisismica.
In conclusione, appare pertanto evidente come il legislatore (regionale, a questo punto) dovrebbe chiarire che la procedura di cui al comma 3-bis non deve essere attivata nei casi in cui alla data di realizzazione degli interventi difformi il territorio comunale non fosse ancora classificato come sismico. O meglio, e con maggiore coerenza sistematica, dovrebbe prevedere espressamente che la procedura prevista al comma 3-bis per le unità immobiliari in zona 1 e 2 non deve essere attivata nei casi in cui alla data di realizzazione degli interventi difformi il territorio comunale non fosse già classificato in zona 1 o 2.
Nel primo caso, sarebbero esclusi dalla procedura quegli interventi eseguiti in epoca antecedente alla classificazione sismica del comune; nel secondo, più coerente con i principi del Decreto Salva-Casa, sarebbero esclusi non solo tali interventi, ma giustamente anche quelli realizzati quando il comune risultava classificato in zona sismica 3 e 4 (e in III categoria, secondo il sistema di zonazione sismica precedente), ossia in contesti di bassa sismicità (infatti, l'autorizzazione sismica "postuma" indicata dal legislatore nel comma 3-bis non dovrebbe in alcun caso trovare applicazione per interventi effettuati al di fuori delle zone 1 e 2, come dice l'art. 94 per gli interventi di nuova esecuzione). Il legislatore regionale dell’Umbria ha già previsto qualcosa di analogo, riferendosi alla classificazione vigente al momento degli interventi.
Nota: Naturalmente, questo non significa che per gli interventi abusivi di cui al 36-bis realizzati in zona non classificata, o in zona 3 e 4, o in zona di III categoria, non sia necessario il rispetto delle norme tecniche per le costruzioni vigenti nel momento dell'intervento, comprese eventualmente quelle sismiche: infatti, tale necessità è implicitamente richiesta nell'art. 36-bis al comma 3, anche attraverso la presentazione di una relazione tecnica (assimilabile a quella di "idoneiità statica" a cui fanno riferimento le Linee di indirizzo ministeriali) per illustrare la conformità degli abusi strutturali alle norme. Verrebbe meno soltanto la "procedura amministrativa" di controllo prevista per le zone 1 e 2.
Le Linee di indirizzo e criteri interpretativi sull’attuazione del decreto-legge 29 maggio 2024, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2024, n. 105 (DL Salva Casa) non fanno chiarezza.
Sul delicato tema della segnalazione all’autorità giudiziaria, il documento ministeriale propone una soluzione che risulta oggettivamente problematica. Si direbbe che la toppa è peggio del buco: in particolare, si afferma che, laddove nell’ambito di un procedimento di sanatoria emergano dichiarazioni mendaci o altre violazioni in materia sismica, l’organo di controllo non dovrebbe applicare l’art. 96 del D.P.R. n. 380/2001, bensì procedere “ai sensi delle generali disposizioni previste dall’ordinamento per la repressione dei fatti di reato”.
Tale indicazione appare in contrasto con il dettato normativo. L’art. 96 citato stabilisce infatti in modo tassativo che “i funzionari, gli ufficiali ed agenti indicati all’articolo 103, appena accertato un fatto costituente violazione delle presenti norme, compilano processo verbale trasmettendolo immediatamente” all’autorità competente, per la segnalazione all’autorità giudiziaria. Nessuna linea guida interpretativa può dunque legittimamente disapplicare una previsione legislativa vincolante. Se l’intento era quello di introdurre margini di esenzione dalla responsabilità penale in casi specifici, ciò avrebbe dovuto trovare espressione non in un atto amministrativo di natura meramente interpretativa, bensì nel testo della legge, ma evidentemente ciò non era possibile. Ne avevamo già parlato al punto 14 di questo articolo: IL "SALVA-CASA" PER GLI STRUTTURISTI: LA "SANATORIA SISMICA" È LEGGE.
Anche sul nodo centrale, ovvero la discrasia tra il momento di riferimento per la verifica della conformità alle norme tecniche e quello per la determinazione della classificazione sismica che fa attivare la procedura di regolarizzazione, le Linee di indirizzo non solo non forniscono chiarimenti risolutivi, ma anzi aggravano l’ambiguità.
In luogo di stabilire che la procedura di regolarizzazione sismica di cui al comma 3-bis debba attivarsi soltanto se anche la classificazione sismica vigente all’epoca della realizzazione degli interventi difformi era la zona 1 o 2, il documento ministeriale conferma che l’attivazione della procedura debba avvenire nei comuni classificati oggi in zona sismica 1 o 2, indipendentemente dalla classificazione storica del territorio al tempo degli interventi.
E, addirittura, le linee di indirizzo contengono la seguente frase, sottolineata: “La disposizione è, in sostanza, funzionale a verificare se gli interventi rientranti nell’ambito applicativo delle c.d. tolleranze siano, comunque, in linea con le prescrizioni previste per l’edificazione delle costruzioni in area sismica” [nota: è scritta per le tolleranze, ma lo stesso comma 3-bis dell’art. 34-bis vale anche per le sanatorie del 36-bis].
Ci si chiede, tuttavia, come sia possibile verificare se gli interventi difformi sono “in linea con le prescrizioni previste per l’edificazione delle costruzioni in area sismica”, se chi presenta la pratica deve controllare il rispetto delle sole norme tecniche vigenti al momento della realizzazione dell’intervento. A nessuno è venuto in mente che per un comune classificato oggi in zona ad alta o media sismicità, al momento della realizzazione delle difformità il comune poteva essere classificato in zona non sismica? E, in assenza di obblighi costruttivi specifici per la sismicità, quale sarebbe dunque l’oggetto dell’istruttoria da parte dell’organo di controllo, che deve rilasciare l'autorizzazione sismica a posteriori, o procedere con il controllo sismico a campione?
Sul tema della regolarizzazione strutturale e antisismica la nuova modulistica edilizia conferma le incongruenze presenti nel testo di legge al comma 3-bis dell’art. 34-bis [che vale per le tolleranze, ma anche per le sanatorie del 36-bis]. In particolare, secondo la modulistica nei comuni oggi classificati in zona a bassa sismicità (zone 3 e 4) il procedimento di regolarizzazione sismica non si applica (e fin qui, tutto ok…); mentre nei comuni oggi ricadenti in zona 1 o 2 (alta o media sismicità) il procedimento si attiva, comportando l’obbligo, per il soggetto istante, di presentare la documentazione progettuale contenente gli elaborati tipici di un “deposito sismico”. A seguito di tale deposito, l’organo di controllo è tenuto a rilasciare l’autorizzazione sismica postuma ovvero ad effettuare controlli a campione, secondo quanto previsto dalla normativa regionale in materia di vigilanza sismica.
Ma come può l’organo di controllo valutare la documentazione sismica riferita alle norme tecniche vigenti al momento della realizzazione dell’intervento difforme, nel caso in cui all’epoca il comune non era ancora classificato sismico?
La nuova modulistica non contempla il caso – tutt’altro che infrequente – in cui il comune, pur risultando oggi in zona sismica 1 o 2, al tempo dell’esecuzione dell’intervento difforme fosse classificato in zona non sismica. Si tratta di una lacuna normativa rilevante, che compromette la coerenza del procedimento sanzionatorio e autorizzativo in materia sismica.
In aggiunta, premesso che in generale nella proposta di Modulistica Edilizia approvata in conferernza Stato-Regioni sono presenti talmente tanti errori e imprecisioni che è impossibile relazionarli in breve, si rileva in particolare che per le zone a bassa sismicità è prevista l'opzione di presentazione in cui il professionista "dà atto che l’immobile interessato dalla tolleranza è ubicato in zona sismica a bassa sismicità (zone 3 e 4)"; tuttavia, manca l'indicazione dell'allegato (relazione tecnica) necessario per illustrare la conformità alle norme tecniche vigenti al momento della realizzazione degli interventi abusivi (assimilabile a quella relazione di "idoneiità statica" a cui fanno riferimento, seppur sommariamente, le Linee di indirizzo ministeriali).
Nella modulistica, tuttavia, almeno un pregio si trova: viene scritto esplicitamente che la possibilità di eseguire opere per ottenere la sanatoria non è una imposizione stabilita dell'organo di controllo (come qualche interpretazione forzata voleva lasciar intendere), ma consiste banalmente e ovviamente in una "proposta" da parte del committente (... "proporre gli interventi difformi propone la realizzazione di interventi anche strutturali necessari relativi alla sicurezza e/o la rimozione di opere che non possono essere sanate, a cui lo Sportello può condizionare il rilascio/efficacia della sanatoria ai sensi dell’art. 36 -bis, comma 2"). L'avevamo scritto al punto 4 di questo articolo: IL "SALVA-CASA" PER GLI STRUTTURISTI: LA "SANATORIA SISMICA" È LEGGE.
Resta tuttavia il fatto che la maggior parte delle criticità precedentemente evidenziate nel nostro articolo non trova, ad oggi, un’adeguata risposta né nel testo normativo né nella modulistica operativa. La speranza è che, in fase di recepimento, le singole Regioni adottino criteri operativi più chiari, capaci di garantire omogeneità, legalità e certezza del diritto.